Bello quando ti svegli la mattina e ti accorgi che è già il 5 di agosto (nel frattempo 6!). L’estate è piena, ma scivola inesorabilmente verso l’autunno. Per chi come me ama le stagioni fresche o fredde, non può che essere una sensazione dolce. E pazienza se il caldo in questi giorni si fa sentire, può solo provocarmi un po’ di nervosismo temporaneo, ché in questo corpo così umano si trasforma in piccoli momenti di autentica ira.
E va bene, succede. Capita poi, che proprio nel giorno meno indicato, hai a che fare con le persone sbagliate al momento sbagliato. E allora ogni cosa ti scivola dalle mani, come se non avessi più presa. Le parole stizzite degli altri ti pungono, e sebbene sappia dentro di te che sono solo timidi vocaboli aridi che nemmeno hanno l’audacia di guardarti in faccia, ci rimani male. Vorresti sfoderare il tuo peggior repertorio di sempre, ormai quasi rimosso, ti rendi conto che la serenità che raggiungi durante gli stati meditativi è turbata, e che non è facile lasciare andare.
Eppure, superata la fase iniziale – quella in cui il tuo cuore palpita forte e ti piacerebbe inibire la scena e cambiarla, o trasformarla direttamente, senza fermarla, lasciarla evolvere nel più bello dei mondi mai visti, nella pace più assoluta, tra colori e odori di ogni genere – tutto torna nuovamente a tacere. Ti accorgi che quei momenti di connessione profonda con il tuo sé, sono importanti e ti riportano velocemente a un livello che oltrepassa qualsiasi banale incomprensione.
Ché di malintesi ne accadono spesso, ma è il saper andare oltre, attraversarli come il fiume tra una sponda e l’altra, che lenisce ogni piccolo dolore. E allora ci si sente leggeri, come aria che volteggia, luce che viaggia veloce per le galassie interminabili del Cosmo.
Ti accorgi sempre di più e in maniera precoce, di quanto piccole siano queste incomprensioni, di fronte all’infinito. E le lasci lì, sopra quel niente in cui le hai trovate, nelle frustrazioni delle relazioni umane, che spesso di umano hanno poco. Chiunque può avvalersi delle proprie ragioni a questo mondo, persino la persona che meno ne avrebbe ‘diritto’. E potrà morire infinite volte su ragioni e questioni che ritiene essere ‘giuste’. Ma è proprio chi si blocca sul principio indissolubile di ‘una ragione giusta e di diritto’ che tralascia l’umanità di questa vita.
Perché umanità non è una parola a caso, o dall’accezione politica, come molti, troppi, credono. Umanità è amore, comprensione, riflessione al di là delle ‘proprie ragioni’. Si identifica con il rispetto per gli altri per come sono, non per come una società composta da famiglie, amici, conoscenti o altro, vorrebbe che fossero. C’è poi chi pensa che il rispetto sia dovuto a chi è più anziano, più malato, più povero o altro. Ma il rispetto è umanità. E se chi è più anziano, malato o altro pretende rispetto da chi intende solo prevaricare, sappia solo questo, che non ha imparato molto. Non ha imparato l’amore, e quindi a vivere umanamente. La veste che scegliamo per queste vite che conduciamo, non può, per quanto faticoso possa essere a volte indossarla, diventare una scusa per la disumanità. Per l’orgoglio cretino su cui taluni costruiscono un’intera vita. E non dovrebbe mai portarci a dimenticare il linguaggio universale del Cuore.
Usare questo linguaggio significa guardarsi dentro prima di puntare il dito sugli altri. Fare un passo indietro. Mandare messaggi positivi, nonostante tutto. Nonostante i dissapori, i conflitti, più o meno grandi, e che si basano sulle stesse incertezze. Hanno voglia coloro che credono di essere contrari alla guerra mentre incitano all’odio e sfoggiano le intenzioni peggiori verso popoli piuttosto che altri, di parlare di pace. Stolti che non si accorgono di essere parte responsabile di una mentalità guerrafondaia, fondata sul contrasto, sull’essere da una parte o dall’altra. Come se ci fossero una parte buona e una cattiva, come se l’umanità non fosse una sola.
E via dicendo, la vita sarebbe un ritmo continuo, e quasi sempre lo è, di bombe e cannoni, collisioni che ruotano attorno a ragioni presunte e incomprensioni. Sarebbe, perché basta fermarsi un momento per capire che se si vuole, non è così.
Basta ascoltare il ritmo continuo del proprio cuore per rendersi conto che niente e nessuno decide per noi, i nostri conflitti, le nostre guerre piccole o grandi. Siamo noi a decidere, sempre. Forse è questa la parte che fa più paura, e che meno vorremmo ascoltare, sapere che la responsabilità inizia e finisce dentro ognuno di noi. Che l’incapacità di comprendere non dipende da una sola parte, gli atteggiamenti sono riflessi, specchi, e nessuno è realmente vittima o carnefice. Ognuno è quello che ha scelto di essere.
Ho divagato, ma neanche troppo, come si fa quando tipicamente le corde del cuore vengono smosse, da sentimenti contrastanti, umanità che si affrontano e si confrontano su livelli diversi, come diversa è la lettura che poi ognuno ne trae. Poco importa. L’essenziale è imparare e non rendere vano l’accaduto, ma altrettanto importante è lasciarlo alle spalle.
In quel passato che non esiste più, ma che ha avuto il coraggio di essere diverso, di crescere.